CIRCUITO "MANDINGO DI DOLCEACQUA"© L'Evidenziatore Del Web: L'ANGOLO DELLA POESIA DI JOSE Tutto quello che cerchi in un semplice click notizie, news, società, economia, video incredibili,

L'ANGOLO DELLA POESIA DI JOSE



Chi è Josè?
Persona stupenda educata e rispettosa come pochi. Ama gli animali. Profondo nell'anima. 
Alcuni testi delle sue citazioni.


La pioggia
Alcune gocce timide punteggiano l'asfalto,
dalla finestra guardo la piazza,
i platani assorbono le prime gocce.
Adagio, adagio, la frequenza aumenta lucidando l'asfalto,
le luci dei negozi si riflettono su di esso.
Aumenta l'intensità, si formano le prime bolle,
le cunette si riempiono e scaricano i rivoli nei tombini.
La pioggia, sospinta dal vento, batte contro i vetri della finestra
producendo un rumore di guerra.
Un velo fitto s' interpone fra me ed il paese,
sparisce il Castello, non si vede più il campanile della Chiesa.
L'acqua del fiume cambia colore, da verde muschio diventa marrone.
Il livello sale a vista d'occhio, si vedono le spume bianche
dell'incontro con le pietre più grandi, che a poco a poco l'acqua ricopre.
Il rumore si sente attraverso i vetri è sembra un rombo di tuono costante.
E' la piena, l'acqua continua a salire, l'ambisce le arcate del ponte.
E' paura, i detriti galleggiano veloci verso il mare,
sembra una discarica semovente, composta di tutto,
tronchi d'albero estirpati dalla folta vegetazione trascurata,
bombole di gas abbandonate, porte divelte, botti sfasciate,
sacchi e sacchetti, bambole e cestini, persino un cappotto e dei materassi.
Poi, d' un tratto, l'intensità di pioggia diminuisce,
si rivede il campanile e pure il Castello,
il cielo si squarcia spunta un raggio timido di sole.
Ritorna la calma,scendiamo in strada con l'ombrello in mano e stivali di gomma,
curiosi si va verso il fiume, un rumore assordante ti accoglie,
t'incute timore,.... ma è affascinante.
Josè















Il risveglio
Quando al mattino mi sveglio, e scendo dal letto,
ci metto un momento a trovare l’ assetto,
le gambe mi tremano, la testa mi gira,
un lungo respiro, poi mi metto ritto appoggiato al comò,
un’ altro respiro, e, sono pronto.
Apro la finestra della mia stanza e guardo il cielo,
non importa se piove o che ci sia il sole che brilla,
sento nel cuore una scintilla, una scintilla di vita.
In quel momento ringrazio il mio Dio, pregando,
per avermi concesso un’ altra giornata,
forse piena di gioia, di dolore o di speranza, non so,
ma è già un regalo uscire da questa stanza,
incontrare gli amici e bere un caffè.
Pure la sera, quando vado a letto, lo prego,
affinchè mi assista durante la notte, e mi regali un’ altra giornata.
Non son le mie preghiere normali, quelle stampate su libretti e messali,
che, recitate con ritmo e cadenza, ti fanno venire la sonnolenza,
sono parole semplici e varie, che vanno diritte al destinatario,
parole sentite e pensate, non sono litanie e nemmeno frasi fatte.
E, questo, è per me, il momento più bello,
sentire il rapporto intenso e diretto con il mio Dio,
che non paleso, ma lo tengo stretto nel cuore mio.
                                                                      Josè




"Dolceacqua" Arriva la primavera..! e Josè la vive al meglio raccontandovela


Arriva la primavera
Aprendo la finestra della mia stanza,
un soffio d’ aria fresca mi colpisce il volto,
e un coro melodioso d’ uccellini in volo, mi svegliano di colpo.
Dal fiume, fra un gorgoglio dell’ acqua
e uno sfrusciar di fronde, un’ anatra starnazza,
due maschi in calore non le danno pace.
Le canne lungo il fiume si piegano con rispetto, al levantino,
dagli sterpi mezzi secchi, spuntano i germogli,
sul fianco collinoso che affianca i fiume,
in mezzo ad una selva di mimosa, matura e gialla, a macchie di leopardo,
si erge prepotente un vecchio mandorlo, che io vedo da sempre,
sventolando al vento i suoi fiorellini, profumati e bianchi.
Dietro al Toraggio, il nostro Monte Bianco,
una nuvola bianca come neve e leggera come spuma,
gli fa d’ aureola, siccome fosse Santo.
Gli ulivi secolari, patrimonio antico, e fonte di guadagno,
fanno vibrare l’ argenteo fogliame ad ogni alito di vento.
Ecco, questo è il segnale che la primavera incombe, sulla nostra Valle.
Josè








Lo Scoglio

Seduta su di uno scoglio in riva al mare,
lo sguardo perso all' orizzonte.
Una vela rigonfia dal vento appare lontana,
il cuore batte, vorresti volando, raggiunger la barca,
e, poi, cullata dall' onda, sognare.
Ma un onda s' infrange sotto ai tuoi pièdi,
La schiuma che sale ti bagna le gambe, e ti sveglia dal sogno.
Rumor di risacca, e l' onda scompare,
L' odor di salmastro ti pregna le nari, un respiro profondo,
un' attimo dopo e con grande fragore,
 un' onda più lunga s' infrange di nuovo e, di nuovo i pièdi tuoi bagna.
Vorresti andar via, ma la forte magia del " fascino mare ",
t' incolla allo scoglio siccome " patèlla ", e lì ti fa stare.
Passan le ore, il sole tramonta.
Il cielo azzurro diventa arancione, poi rosso sì fuoco,
e, la notte ti coglie sull' umido scoglio.
Hai freddo, lo scialle di seta non basta a coprirti,
ritiri le gambe intorpidite, bagnate e di salino incrostate,
Le asciughi alla meglio ed infili le scarpe con molta fatica.
Poi, alzi lo sguardo su in cièlo, è tutto stellato sembra un presèpe.
Un brivido freddo la schièna attravèrsa.
L' incanto del mare, del cièlo stellato ti han preso il cuore e l' anima assième.
Vorresti andar via, l' ora è già tarda, riguardi il mare ormai tutto nero,
ma le stelle che brillano in cièlo, gli danno la luce,
una luce riflèssa  e tremebonda per il vagar dell' onda.
A casa t' aspettan hai la famiglia, forse a quest' ora l' angoscia li piglia,
il dovere ti chiama, rincasa sìi lesta, e domani ritorna,
lo scoglio ed il mare t' aspettan, ci saranno le onde, la vela non so,
ma l' incanto di quèsta sera, è una chimèra.

                                                                               Josè.    Foto di Jole Rolando





Mancanza d’ aria

.Mi manca l’ aria, per respirare,
non voglio un oceano, un deserto, un lago, la cima di un monte,
ma un piccolo spazio tutto mio,
il mondo è troppo affollato, la gente è impazzita,
rumori, urla, tutti che vanno di fretta,
traffico che intasa le strade.
 Tutto ciò, mi rende l’ aria irrespirabile,
mi sento soffocare, e mi sento prigioniero
di questo sistema, che va peggiorando,
e nessuno riesce a fermare, prima che sia troppo tardi.

                                                                              Josè



"Poesie" L'autunno...


Autunno
Un passero vola alto nel cielo.
Una foglia avvizzita sbattuta dal vento,
si stacca da un ramo pendente.
Il bosco, ingiallito dal Novembre incipiente.
Dai camini fuoriesce un filo di fumo.
Le strade, deserte di bimbi vocianti,
perchè a scuola impegnati.
Il fiume, ingrossato dalle prime piogge,
s' infrange violento sulle alte sponde.
Siamo in autunno, e si avvicinano i Santi.
Josè



Finita la vendemmia si pensa a berne il frutto.


IL VINO


Scoperto per caso e subito piaciuto,
tramandato nel tempo e sempre migliorato.
Con un bicchiere di vino in mano, non sei più solo,
è fonte di allegria, veicolo sicuro per fare compagnia,
aggregante di amici, sedante di liti, o, istigatore delle stesse,
ma sempre importante, è!
Componente elegante di cena importante,
complice magico per conquistar l’ amante.
Che sia bianco,  rosso, fermo o ricco di bolle e spumeggiante ,
per chi lo ama differenza non c’ è ne.

                                                                                Josè



La poesia " e crave", in dialetto, scelta dalla famiglia Orengo, per la poesia dialettale.




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        Estate

Calore, colori vivaci,
notti infuocate e spiagge affollate,
masse di persone girano per Borghi intasati, spaesate,
musiche assordanti, 
code di macchine ostruiscono le strade.
Il mondo è impazzito, 
la pace, il riposo, la serenità che fine hanno fatto?
La vacanza non serviva a ritemprare le forze
di un anno di lavoro, di stress e di preoccupazioni?
Al rientro in città, sei più stanco da che sei partito!
Il tuo conto in banca, è bello esaurito,
“ ma tu, ti sei divertito?”

Josè                      


Mimosa
Una macchia di giallo intenso
su tavolozza di verdi spaiati
uno macchia qua e la di ulivi argentati,
e, nel centro un mandorlo in fiore
ad annunciare la primavera.

                                     Josè






La camporella

Camporella, camporella, quanto eri bella,

erano gli anni cinquanta, i mesi luglio ed agosto,

Milano era un forno di notte e di giorno,

per noi giovincelli dagli ormoni bollenti

era l’ alcova per innamorati,

appuntamento alle nove di sera, al capolinea del quindici o del diciannove.

Incontravi coppie già note o coppie nuove,

e, passeggiando lungo il Naviglio, ogni coppia cercava un posto tranquillo,

nell’ aria umida e afosa aleggiava profumo di paglia e di fieno,

quando trovavi un posto adatto, sui campi di grano appena mietuto

 srotolavi una coperta di lana nascosta in borsa “ Milan Club A. C. “,

poiché a Milano, con un caldo da inferno, solamente un demente,

saliva su di un tram gremito, come sciarpa al collo, coperta d’ inverno.

Sotto un cielo annebbiato da vapori di caldo si vedeva brillare una stella,

abbracciati ed un poco sudati dicevamo parole bugiarde da sempre,

Lei lo sapeva, e lo sapevo anch’ io,

ma in quei momenti, pensi forse a Dio?



                                                        Josè





Bellezza e gioventù



Guardando dalla finestra della stanza mia,

ti ho visto passare lungo la via del centro,

la falcata sicura e fiera della tua giovinezza,

ancheggiamento da puledrina in amore

con grazia squisita di Nobil Signora,

la tua pelle ambrata dal sole d’estate,

il  corpo sinuoso abbondantemente esposto da vesti succinte,

invitava all’ amplesso un Monaco Santo, dallo sterile sesso.



                                                                                        Josè





















Parole

Un vecchio proverbio così dice:
" parole, foglie morte sospinte dal vento, e perdute nel tempo ".
Ma, c’ è vento e vento.
Il vento del’ elogio, sospinge le foglie dolcemente,
accarezza l’ orgoglio, gratificando il cuore e la tua mente.
Il vento del’ amore, che avviluppa con foglie teneri il tuo cuore.
Il vento del’ odio, il più tremendo dei venti, con la sua violenza,
raccoglie foglie putride e sporche, ricoprendo il tuo essere e la tua serenità.
Poi, c’ è il vento del’ invidia e della gelosia, il vento più tossico che ci sia,
ammassa le foglie della cattiveria e del’ infamia, togliendoti la pace e la e la tranquillità.
Infine il vento caldo della risata, del’ allegria, che rende le foglie,
secche e croccanti, che schiacciate con piedi delicati, fanno c r à - c r à,
il tipico rumore di battimani, che merita colui che il buon umore, dà.

Josè



Canne


Canne, ricordi d' infanzia,
canne verdi tagliate e suonate,
canne secche, a pescare di frodo, trote argentate,
canne, piegate dal vento e dritte tornate a sfidare il tempo,
canne, rigoglio di fiumi e pantani abitati da rane cantanti.


                                                                      Josè




Festa della Donna



L' altra notte, mi è apparso un' Angelo,
i capèlli biòndi  ei avèva e tutti riccioluti,
cerèo il volto, e biànca come neve la sua veste,
e, l' ali lunghe fino ai pièdi gli scendevàn.
Sussultài nel letto ma non mi svegliài,
troppo affascinato dal suo sguàrdo e,
dalla voce sua, quàl flauto o liùto mi parèva.
Passato il primo istànte di stupòre,
e, tremànte come foglia al vento,
tentài di emettere paròla ma niùn suòno dalla mia gola uscì.
Allora, Lui,con voce suadente quàl vibràr di lira*mi disse:
"" Son quì per dirti che domàni è festa della Donna,
creatura divina perchè Dio così la volle,
compàgna dell' uomo e consiglièra,
madre dei figli e amànte insième,
per anni denigràta e malmenàta, perchè credùta da Satana inviàta.
Ma, allor perchè Dio la volle come madre dell' unico suo figlio?
perchè sapèva quàl scrigno d' amòr Lei fosse,
quànta forza, benchè minùta, Lei avesse,
e, l' uòmo, senza lei chi è?..nessuno!
chì govèrna la casa?..chi mette al mondo i figli e li govèrna?*
chi lo consola e cura nella malattia?
Or per quèsto io quì sono, per ricordarti il giòrno,
e, cogli un fiòre, anche un fiòr di campo,
e daglielo col cuòre e l' anima insième.
E, sappi, che senza Lei vuòto sarebbe il mondo,
e girerebbe orfàno tutto in tondo "".


                                                Josè



                                    * lira, strumento simile all' arpa.





Quando la famiglia è in vacanza


Sei partita con la bambina, da meno di una settimana e mi sembra un' anno.
Hai lasciato un vuoto che mai avrei creduto.
Tu hai ragione, hai bisogno del tuo spazio, ti serve il riposo,
lo stress da lavoro, l'impegno in famiglia, un po d'aria e di mare alla bambina,...sì, ti capisco.
Era bello, uscito dall'ufficio, incontrarci  sul Corso con la bambina e la carrozzina,
un bacio a te, prendere in braccio e coccolare lei, regolarmente pregna.
Ora, la sera, quando esco e non vi vedo, un  brivido mi prende e, giù per la schiena scende.
Avanzo lungo il Corso, sperando d'incontrarvi dietro l'angolo del Bar. Ma invano.
Rientro a casa, e, lì, il vuoto aumenta.
Non c'è il profumo della cena, il letto è sfatto, da che sei partita,
che vale riassettarlo? Fa caldo, si dorme scoperti, la finestra è aperta,
al massimo un lenzuolo, basta e avanza.
Il peggio, è, guardare l'altra stanza, vedo il lettino, tutti i suoi pupazzi,
l'ordine perfetto, l'orsacchiotto spellacchiato.....il magone sale e, scende un lacrimone.
Vado in cucina, beh, lì non son più solo, c'è la mia gattina, la mia piccola grassa Margot.
Miagola, si struscia, mi fa le fusa, e con passo felpato,  sicuro, si avvicina verso al frigo,
ri-miagola un po', le do la cena, quella zittisce, mangia e se ne va, prende il posto suo, sopra il sofà.
Di lì non scappa, immobile rimane, m'aspetta per lo spettacolo in TV.
Non ho appetito, mi faccio un tramezzino col formaggio, una birretta fresca, un NestCaffè.
Guardo di sfuggita le notizie alla TV, son sempre quelle, son sempre peggio. Spengo e vado aletto.
Domani è un' altro giorno, ma un giorno in meno, che mi separa dal vostro ritorno.
Per voi sarà un po' triste,  lasciare quella spiaggia, il mare e l'ombrellone,
ma per me vuol dire, ritrovare il buon' umore, l'amore e dimenticare la lacrima ed il magone.


                                                                                          Josè




Il Mare

Una enòrme massa d' acqua sempre in movimènto,
varia l' onda, a secònda del momènto,
come l' uòmo, muta il carattere per ogni avvenimento,
segue l' andàr del vento o gli va contro.
A vedèrlo da terra ha un fascino magìco e speciàle,
sedùto sulla rena a pochi passi dalla battigia,
se lui è calmo ed il tempo è bello, è un invito al nuòto.
Anche d' inverno quando l' acqua è fredda,
ma c' è un pò di sole a riscaldarti i piedi,
la tentaziòne è forte, e, cosciènte rischi un raffreddore.
Quando l' onda alza la sua cresta come per dir. " ci sono anch' io ",
la fantasìa galòppa e vorresti cavalcàre con tavola la groppa.
O, ti vedi sedùto a poppa di una vela con in man la barra,
e con l' altra la sagòla del boma per giocàr col vento.
E, quando da onda innocua diventa cavallone,
il cuòr ti salta in gola e il respìro tuo si blocca,
le mani, che giocàvan prima con gli attrèzzi,
s' irrigidiscono di colpo, e, di marmo biànco prendono il colòre.
Sei solo, tutt' intòrno è acqua mista a vento,
il viso tuo, bagnàto di sudòre ed acqua salsa insième
 fan la mistùra che penetra negli occhi, facèndoli bruciàr quàl fuòco,
ed allòr, richiàmi alla tua mente con sforzo sovrumàno,
ciò che han spiegàto al corso da farsi in quèl momènto.
Ma il buio più profòndo ti sta venèndo incontro, nulla di ciò, appare alla tua mente.
Ti senti già perdènte, ma per fortuna, come spesso accade, cala il vento.
E, allòr con colpo da maèstro, barra sinistra il boma fisso al centro,
laschi la vela e ti abbandòni alla derìva.
Poi, piàno, piàno, da cavallone torna ad esser onda,
un attimo di pausa ma non c' è molto tempo,
il cielo si rabbuia e non promette buòno,
in lontananza un lampo e rimbòmba un tuòno,
riprendi in man la sagòla e tendi la tua vela, slacci il boma e lo rimetti in giòco,
drizzi la barra, e, vento in poppa, ritorni alla battigia.
Il sogno è finìto, nel frattempo, l' acqua del mare è un pò salìta,
ti ha bagnàto le scarpe con le calze dentro, ma sei contento.
Hai fatto un sogno come fanno tanti,
perchè, lì in riva al mare, nessuno può proibirti di sognàre.

                                                                      josè

I Caruggi di notte
L’ acciottolato consunto ed  umido sempre,
brilla di una luce fioca, di lampioni vetusti
e di vetri opachi di polvere antica.
L’eco di passi con scarponi chiodati
rimbalza da arcate di pietra.
Una luce si accende, una porta si apre,
ne esce il fornaio che mezzo assonnato,
si avvia verso il forno che attende l’ impasto.
Più innanzi cigola un portone, ne esce un signore,
un po’ curvo di spalle,
 con briglie in mano tira un somaro
che poco convinto si fa trascinare,
è il bottegaio, che attacca il somaro ad un carretto in attesa,
 per andare al mercato a rifornire il negozio.
Dal buio esce un’ uomo, furtivo, rasentando il muro,
entra sicuro dalla bella fornaia.
C’è un’ ubriaco abbracciato ad un fiasco,
che se la dorme beato su di un gradino di pietra.
Due gatti arrapati si fanno la guerra per una gattina in calore.
Si sente un letto che cigola alquanto,
è una coppia di sposi che si amano tanto.
Quell’ombra furtiva riappare d’ incanto,
la fornarina lo ha stremato, le gambe gli tremano
barcolla alquanto, ed il buio lo inghiotte nell’ anonimato.
Questa è la notte, poi viene l’alba,
ad una ad una si accendon le luci, si spengono i lampioni
ed il Caruggio riprende la vita.
                                         Josè
Dolceacqua
Ti ergi a cavallo del Nervia, ed un ponte Romano ti funge da sella.
Il Castello, o, Maniero, è, il Tuo simbolo austero.
Fosti fondata dai nobili Doria, che, dell’Italia hanno fatto la Storia.
Sei un Paese decantato e dipinto, da molti artisti famosi nel mondo,
hai partorito celebrità illustri, e, conosciuta Tu sei,
per il vino Rossese, “il Re dei vini e vino dei Re”,
assieme all’olio ed alle michette.
Sei ospitale per vocazione, i turisti ti visitano a frotte.
Il Tuo clima, mitigato dal mare e protetto dai monti,
richiama la gente che viene dal Nord.
E, noi, che fortunati ci stiamo,
non apprezziamo il tesoro che abbiamo.
I Tuoi figli, che hanno girato il mondo in largo, in lungo e in  tondo,
ed hanno visto tutto ciò che esiste di bello,
per finire i loro ultimi giorni sereni, da sempre hanno scelto, l’ombra del Castello.
Che dire di più di un Paese, che soddisfa le più banali o severe pretese?
Ringrazio il buon Dio, che tra i fortunati abitanti, ci son pure io.
josè
I miei Caruggi
Caruggi, cuore,  polmoni e arterie di un corpo, il Paese.
Interiora di pietre, lucidate dall’uso.
Gradini scolpiti, usurati da scarponi stanchi,
e puliti da piedi scalzi sudati d’estate.
Sedili per vecchie ciarliere, croniste di beghe, testimoni oculari di liti,
di tresche, di amori proibiti, di mariti traditi, di mogli pentite,
di mariti ubriachi e violenti,
di figlie picchiate da padri padroni,  perche  rincasate nell’ora proibita,
o beccate all’oscuro di vecchi portoni col ragazzo del cuore.
Odori di stalle, profumi di mosto, aromi di pane appena sfornato,
il sentore dell’olio, colato da sacchi d’ olive un po troppo mature.
Rumori:  un carretto tirato a mano, il passo del mulo o dell ‘ asino ferrati,
tintinnio di campanelli di capre, di cani o il belare di agnelli.
L’andamento lento del bue, che sotto il peso della soma in salita,
lasciava la traccia del suo passato con torte di ” bùse fumanti”,
e, subito raccolte dalla vecchia contadina per concimare il suo orto,
ed il poco rimasto a sfamare le mosche.
Il Prete conosceva i peccati di tutti, e tutti conoscevano i peccati del Prete.
Ma, il caruggio, era scuola di vita.
C’ era il bastaio, il bottaio con le sue tine, il maniscalco ferrava e tosava
asini e muli e fungeva da veterinario, tutto all’aperto,
con i loro attrezzi, lavorando,  facevan concerto.
C’era la vita, e, quando pioveva, dal calzolaio ci si ritrovava,
c’era la scuola dei tiri mancini, scherzi pesanti  son passati alla storia.
Noi ragazzini, facevamo dispetti, rubavamo carrube  da sacchi di juta,
giocavamo alla lippa, o a “bàla stringhettu”.
C’era la guerra, ma c’era più pace di oggi.
Josè



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